Immaginari PostColoniali - Archivio condiviso di memorie pubbliche e private del colonialismo italiano

Condividiamo questa importante iniziativa e relativo crowdfunding:

https://www.indiegogo.com/projects/immaginari-postcoloniali-postcolonial-visions

Immaginari (post)coloniali. Memorie pubbliche e private del colonialismo italiano è un grande archivio condiviso di immagini e oggetti quotidiani, un convegno non convenzionale, esposizioni, performance e workshop nelle scuole…

“Ninna nanna ninna oh
questo bimbo a chi lo do (…)
lo darò all’Uomo Nero
che lo tiene un anno intero.
Lo darò all’Uomo Bianco
che lo tiene finché è stanco”
(ninna nanna popolare italiana)

“Sono incazzato nero”
(modo di dire popolare italiano)

“Lavoratore in nero”
(modo popolare di definire un lavoratore senza regolare contratto)

Queste filastrocche o modi di dire raccontano di stereotipi molto popolari in Italia, talmente radicati nel parlare quotidiano che non ci chiediamo neanche più cosa “davvero” vogliano dire, o perché questi significati negativi siano associati proprio al “nero” e non a un altro colore. Sono modi di dire razzisti?

Tutti pensiamo che le nostre mamme non erano certo razziste quando ci cantavano la ninna nanna dell’Uomo Nero per farci addormentare… E allora di che si tratta? C’è una specie di interdetto, di zona d’ombra, quando proviamo a rispondere a questa domanda.

Pensando a come rispondere, ci siamo detti che l’Italia sta vivendo ormai da decenni una sostanziale difficoltà nell’entrare in relazione con qualsiasi forma di “diversità”. Al complesso fenomeno migratorio che sta attraversando l’Italia, vista spesso come la soglia dell’Europa e quindi della “libertà” per molte persone, corrispondono politiche istituzionali inadeguate. A queste politiche violente corrisponde spesso un atteggiamento diffuso di chiusura, di difesa incondizionata o di aperta diffidenza nei confronti di chi cerca semplicemente di esercitare un diritto universale di ogni essere umano, il diritto di muoversi e spostarsi liberamente (art. 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948).

Non ci interessa qui di occuparci direttamente delle politiche istituzionali sui processi migratori, di Mare Nostrum o Frontex Plus. Ci arriveremo, ma passando da un’altra strada. Ci interessa partire da una piccola ninna nanna, dal Ciccio Bello Angelo Negro, dalla pubblicità delle caramelle Tabù, da Calimero, il pulcino che nessuno voleva perché piccolo e nero. Ci interessano le bustine di zucchero, gli striscioni negli stadi, le pubblicità storiche o contemporanee di caffè, detersivi, biscotti o alcolici con immaginari intrisi di stereotipi su di “Noi” e sugli “Altri”. Ci interessano Orzowei, il romanzo di Alberto Manzi del 1955 e la serie televisiva che ne hanno ricavato negli anni ’70, ma anche i Mondo Movies italiani degli anni ’50-’60 e i Cannibal Movies degli anni ’70. 

                           

Ci interessano tutti gli oggetti e le immagini con cui molti di noi sono cresciuti felicemente da bambini e adolescenti, intrisi di esotismo e di un certo modo di guardare a noi stessi e agli altri, tra desiderio e repulsione. Ci interessa il “non sono razzista ma…” perché è proprio lì che si trova il piacere legato al consumo di immagini razzializzate. Dunque non ci occuperemo di “razzismo” ma di “razzializzazione”, cioè di come il consumo di immagini e oggetti pervasi di stereotipi razziali possa essere un’esperienza piacevole e desiderabile per tutti noi, anche se non siamo affatto razzisti. Come si può spiegare questa ambiguità? Ci occuperemo di comprendere il modo in cui tutti questi immaginari, che sono la base della cultura popolare italiana, abbiano formato una specie di sceneggiatura sotterranea, con la quale ancora oggi interpretiamo o rappresentiamo l’altro, il “diverso”, e noi stessi.

Molti di questi immaginari hanno la loro origine nel periodo coloniale, quando l’Italia si è conquistata il suo “posto al sole”, in particolare nei territori di quella enorme riserva economica e immaginativa che è stata l’Africa. In Italia, così come negli altri paesi Europei, la colonizzazione non ha avuto inizio nel periodo delle grandi dittature del XX secolo, come il Fascismo, ma è stato un processo funzionale alla formazione di uno stato nazionale e di un “carattere nazionale” già dalla metà del XIX secolo.

Le grandi potenze Europee, divenute poi le protagoniste della storia continentale del Novecento, hanno fondato la loro ricchezza e la loro stessa cultura sul principio di aggressione verso paesi di altri continenti. Rileggere quindi la storia del colonialismo italiano non vuol dire solo risalire alle invasioni del periodo fascista, ma anche far riemergere la lunga storia del continuo tentativo di sopraffare altri popoli perpetrato già dall’Italia liberale subito dopo l’Unità.

La memoria coloniale italiana è conservata in archivi istituzionali, che sono molto spesso inaccessibili per i cittadini e che non sono stati quasi mai esposti al pubblico. Ma esiste una memoria intima del colonialismo, conservata nelle piccole “collezioni” private delle persone che hanno vissuto quel periodo, chiuse nei cassetti e nelle soffitte. I nostri padri, le nostre madri, i nostri nonni sono (spesso inconsapevolmente) gli ultimi custodi di tante storie del periodo coloniale, che laStoria in Italia ha rimosso con costanza e determinazione. Col passare del tempo sarà sempre più difficile recuperare quelle storie e quella memoria intima, e quindi rielaborarla.


Il progetto  Immaginari (post)coloniali vuole rendere visibile e pubblico questo sconosciuto archivio diffuso, per connettere le storie alla Storia istituzionale, per comprendere le connessioni tra quel passato coloniale e il nostro presente interculturale. Il senso del prefisso “post”, che compare nel titolo del progetto, non riguarda, infatti, solo il superamento di eventi storici passati, ma ha un implicito rimando al presente: si riferisce alla relazione degli italiani con i migranti che vivono nelle nostre città, che lavorano nelle nostre campagne e nelle nostre aziende, alla relazione con gli altri paesi del Mediterraneo, nostre ex colonie o ex colonie di altri paesi europei, alla relazione con i processi innescati dalla cosiddetta Primavera araba.

Immaginari (post)coloniali sarà un grande archivio condiviso del colonialismo italiano e del presente interculturale. Conterrà tutti quei materiali conservati nelle case di molti Italiani, che testimoniano di quella lunga e tutt'altro che insignificante fase coloniale della quale l'Italia è stata protagonista. La necessità di far emergere i legami tra gli stereotipi di oggi verso “gli altri” e il nostro passato coloniale non può che partire da una riappropriazione “dal basso” delle memorie private e pubbliche rimaste di quel tempo. Rileggere una fotografia mandata dal fronte, una lettera, una cartolina, la dicitura di un documento ufficiale o la rappresentazione dei popoli colonizzati nelle pubblicità o nelle riviste popolari, potrà aiutare a ricostruire la nascita di tanti stereotipi che ancora oggi sono vivi nella nostra cultura.

Questi materiali saranno raccolti tramite un appello pubblico alla cittadinanza, partendo da Roma e dal Lazio e proseguendo poi col resto dell’Italia. Chiederemo alle persone che hanno oggetti e storie del periodo coloniale di inviarceli via posta. Tutti i materiali che ci verranno spediti saranno digitalizzati e poi restituiti ai legittimi proprietari, nell’ottica di non privare i donatori dei loro ricordi personali.

Accanto al recupero di documenti privati verrà svolta un'attenta ricerca negli archivi storici e nelle biblioteche, per rendere visibili quei materiali spesso resi invisibili per via della loro mancata esposizione pubblica.

L’archivio Immaginari (post)coloniali inoltre fin da subito costruirà una rete con fondazioni, associazioni, università, centri ricerca, istituti d’arte con sedi nei territori ex colonie italiane, che si interessino delle questioni coloniali, per raccogliere anche in loco la stessa tipologia di materiali tratti da archivi privati e da archivi pubblici, e per immaginare possibili sinergie e progettualità condivise.

L’archivio Immaginari (post)coloniali non sarà semplicemente un deposito di oggetti, un contenitore di memorie, ma una piattaforma aperta e un dispositivo vivo, in stretto contatto con il tessuto sociale: inviteremo fin da subito artisti, studiosi, ricercatori, performer, musicisti, scrittori a lavorare sui materiali contenuti nell’archivio, producendo opere o eventi ad hoc a partire da essi. Tutte le produzioni realizzate a partire dai materiali dell’archivio saranno pubblicate nel sito internet dell’archivio stesso, in una sezione dedicata, ma anche esposte e/o realizzate pubblicamente in eventi appositamente organizzati.

Il primo step sarà un convegno non convenzionale che si svolgerà il 27-28 Novembre a Roma presso la Casa della Memoria e della Storia: Presente Imperfetto. Eredità coloniali e immaginari razziali contemporanei. Il convegno sarà non solo l’evento di presentazione del progetto Immaginari (post)coloniali, ma sarà anche un’occasione di confronto tra realtà che, da diversi punti di vista, stanno già lavorando, con modalità affini, intorno al tema della relazione tra il colonialismo italiano e l’oggi. La costruzione di una rete tra questi soggetti è cruciale per immaginare una progettualità condivisa e ampia sull’intero territorio nazionale, posizionata anche a livello internazionale, che arrivi a coinvolgere un pubblico esteso e a sensibilizzare le istituzioni nazionali.

                   

 

Il convegno Presente Imperfetto si svolgerà in maniera non accademica in tutte le sue parti, a partire dagli interventi dei relatori, ai quali è stato chiesto di preparare il loro intervento partendo da un oggetto/documento del periodo coloniale italiano, che verrà portato e mostrato al pubblico, realizzando quella relazione necessaria tra “dire” e “poter vedere”. La relazione con il pubblico, focus di interesse centrale del convegno, sarà attiva e interattiva: il pubblico viene considerato non come ricettore passivo di un sapere, ma come soggetto partecipante e portatore di storie, memorie e affetti. Si tratterà dunque di un “convegno-performativo”, in cui relatori e pubblico si troveranno insieme a vivere un’esperienza di condivisione e scambio di saperi.

Alla fine della prima giornata la compagnia di teatro contemporaneo Clinica Mammut realizzerà una performance, pensata ad hoc sulle tematiche del convegno. Verranno inoltre proiettate due opere video che hanno affrontato da diverse angolazioni e con diversi linguaggi le tematiche del convegno: Stanze, di Gianluca e Massimiliano De Serio (2010), e Inconscio Italiano, di Luca Guadagnino (2011).

Durante il convegno verranno esposti i risultati di un workshop svolto nelle settimane precedenti in un liceo romano, in cui gli studenti realizzeranno alcune tavole su un episodio della storia coloniale italiana, sul modello del Novel Journalism, guidati da un graphic novelist della casa editrice Becco Giallo.

Un mese prima del convegno, infine, presso il complesso monumentale del Vittoriano a Roma, verrà realizzato un corso di formazione di una giornata dedicato ai professori di scuole superiori romane,  Presente Imperfetto. L’Italia coloniale, l’Italia dei migranti, realizzato in collaborazione con l’Istituto Luce.

Immaginari (post)coloniali sarà realizzato in collaborazione con: IRSIFAR - Istituto romano per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza, AMM - Archivio Memorie Migranti, il Centro Studi Postcoloniali dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, e il Centro Documentazione Memorie Coloniali di Modena. 

 

A cura di Clara Santini