Una giornata al MACRO con… tutte le donne del mondo

A piedi nella città, insieme, per scoprirla. Siamo andate al Museo d’Arte Contemporanea di Roma, sede di via Nizza, ex edifici industriali (Birrificio Peroni) in una parte della città che oggi è considerata centrale e che un tempo era subito fuori le mura, Porta Pia (già Porta Nomentana).

Passiamo dalla Biblioteca Nazionale di Via Castro Pretorio per Piazza della Croce Rossa, Porta Pia, Via Nizza. Un piccolo corteo di donne e bambini, le donne della Scuola di lingua italiana per donne straniere di Carminella - Associazione Officina Culturale. Qualcuna corre più velocemente avanti, altre spingono passeggini rallentando e chiacchierando, per poi ritrovarci tutte all’entrata del MACRO. 

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Foto di Giorgio Neri

Mi stupisce sempre come si è trasformato questo angolo di Via Nizza, è stata inserita una costruzione ex novo su ciò che restava delle stalle del Birrificio Peroni, da cui i carrettieri partivano per le consegne. E’ uno spazio chiuso e aperto nello stesso tempo, un dentro, un fuori e un tra, quello che la progettista, Odile Decq, ha ideato pensando anche alla città di Roma, alle sue piazze e ai suoi vicoli. Uno spazio-museo fatto di aria luce e colore, il rosso e il nero. E proprio il filo del colore ci ha accompagnato verso l’ ”universo Dorfles”. 

Essere nel tempo, la prima mostra antologica di Gillo Dorfles, pittore, scultore e critico d’arte. Centocinque anni ben portati, un eclettismo che ci colpisce e incuriosisce. Si osservano due tempi nella mostra, ci dice Francesca Fiorucci che ci guida nell’esplorazione, quello interiore dell’artista, meno in rapporto con l’esterno, con le tendenze, gli stili, i fermenti culturali ma più concentrato sulla ricerca personale e un tempo dove tutto ciò che lo circonda interviene più attivamente sulla sua strada. 

L'arte contemporanea è spesso un enigma per chi la osserva, spesso abbandona totalmente l'aspetto figurativo altre volte trasforma oggetti di uso quotidiano in nuove forme, inventa immagini. Mi piace la definizione di Emilio Tadini, pittore e critico d’arte “ghirigori tracciati da qualche sismografo di sogni”, in riferimento all’attività pittorica di Dorfles. 

E le opere di Dorfles hanno stimolato riflessioni e idee. Qualche donna si è stupita della forza vitale dei colori nonostante l'età dell'artista, qualche altra ha analizzato più criticamente il periodo della guerra, chiedendosi come mai utilizzasse gli stessi colori vitali nonostante la drammaticità del momento, e ancora c’è stata chi ha definito l'esperienza della visita della mostra e del laboratorio come un momento che ha portato ad un aumento della conoscenza. 

Il confronto e la trasmissione della conoscenza, anche Dorfles, nonostante sia vissuto nella Trieste asburgica, si è nutrito della mescolanza culturale che ha vissuto, come lui stesso ci dice: 

«Sono nato vicino al mare, a Trieste, il grande porto dell’Impero austro-ungarico: un crocevia di razze, destini e identità meticce – un luogo privilegiato dell’incontro tra popoli. Anche se formalmente eravamo sudditi austriaci, parlavamo italiano: in realtà, se ci si inoltrava per i vicoli lastricati della Città Vecchia, si poteva sentire la cantilena triestina mescolarsi alla lingua slava e a quella tedesca. A completare questo affascinante mélange c’erano una ricca e popolosa colonia ebraica, il cuore artistico e intellettuale della città, e una variopinta colonia greca, da cui provenivano le famiglie più facoltose»

Oggi siamo state le artiste di questa giornata e guardare i libri d'artista realizzati è stata la scoperta di nuovi immaginari.

  

A cura di Maria Teresa Tomaino